Coscienza illuminata per capire la nostra missione nella vita

Coscienza illuminata per capire la nostra missione nella vita

26/06/2018 Off di Miriam Oryah

Una persona deve capire quello che Dio desidera da lei, da lei in modo particolare.
Sapere quali sono le porte che le sono aperte per avvicinarsi a Dio secondo le radici della sua anima, secondo le sue qualità personali, secondo il giorno e il periodo della storia in cui vive. Chi non possiede la chiarezza della sua missione personale è come qualcuno che si aggira senza scopo per la via, senza sapere dove vuole andare.

Questa chiarezza è necessaria per tutti gli aspetti del nostro servizio divino, per conoscere la nostra missione in generale, le cose che riguardano la nostra natura e carattere, e per conoscere i nostri obblighi in ogni situazione. Questa chiarezza ci protegge in ogni nostra decisione, conducendoci su un sentiero che sale alla casa di Dio.

La prima cosa che bisogna fare è riflettere profondamente sulla nostra missione speciale nel mondo. Perché la nostra anima è scesa in questo mondo? La chiave per scoprire la nostra missione è sapere che è connessa a quell’area particolare della nostra personalità in cui siamo manchevoli, che ci causa le difficoltà maggiori, che manifesta la parte peggiore della nostra personalità.

Gli zaddikim hanno detto che la nostra missione sulla terra è di correggere precisamente questa area, e che questo richiede la nostra dedizione totale.

Quando ci diventa chiaro che la nostra anima è discesa e si è incarnata in un corpo con lo scopo specifico di correggere quel particolare tratto negativo e problematico della nostra personalità – che questa è la nostra missione sulla terra – nessun sacrificio sarà troppo grande per noi. Non ci faremo scoraggiare ne distrarre dal fare ogni sforzo riguardo la realizzazione della missione della nostra vita.

Un buon suggerimento per correggere un tratto negativo del carattere è agire per qualche tempo nella maniera opposta, così da disabituarci e abbandonare gli atteggiamenti negativi. Ad esempio una persona che ha paura di fare domande, o di chiedere favori, può esercitarsi ogni giorno a fare 5 cinque domande o chiedere 5 piccoli favori; una persona che non è particolarmente generosa, può dare qualche monetina ai mendicanti, più volte al giorno; chi è irascibile, immagini che chi lo sta insultando sia la persona più comica della terra, che sta facendo di tutto per metterlo alla prova e che comunque questo è solo un test e non è il caso di prendersela ecc. ecc.).

Lo stesso concetto si applica riguardo ai nostri punti di forza, alle qualità positive della nostra personalità. Bisogna riconoscere e apprezzare le doti speciali con cui Dio ci ha dotati e attraverso cui abbiamo la possibilità di attaccarci a Lui.
Perché Dio “ha creato questo corrispondente a quello”. Ovvero, così come abbiamo un tratto negativo particolare del nostro carattere, in parallelo abbiamo anche un tratto positivo speciale, tramite cui possiamo salire spiritualmente sulla scala spirituale con grande successo.
Chi non riconosce la sua dote speciale è come una persona cieca da un occhio, dice il Talmud.

Se siamo benedetti con un talento eccezionale nello studio della Torah, significa che quella è la nostra missione; se qualcuno ama essere generoso questo significa che quest’area è connessa alla radice della sua anima

È possibile che una persona realizzi delle cose importanti, senza però completare la missione per cui è stato creato. Si possono compiere grandi cose, ma che tuttavia non sono quelle che Hashem desidera da noi.

È fondamentale, inoltre, che si sappia quello che ci viene richiesto in determinati momenti e situazioni particolari della nostra vita perché, dice l’Ari zal, il più grande cabalista dell’età moderna, nessun momento è come gli altri.

Una volta fu chiesto a Rabbi Moshe di Kobrin, possa il suo merito ripararci da ogni avversità, qual era la cosa più importante nel servire Hashem. Rispose che la cosa più importante è fare la cosa specifica che Hashem ci richiede in un momento specifico.
Una persona deve meditare profondamente in ogni momento e in ogni situazione – sia nei momenti di grande lucidità come pure nei momenti difficili e confusi – quello che Hashem vuole da lui ora.

Quando si è lucidi, si capisce che è possibile attaccarsi ad Hashem nei momenti difficili e confusi. In Esodo 20, è scritto: “Mosè si avvicinò alla nebbia dov’era Dio”.

Il grande commentatore medievale Rashi spiega che Mosè fu condotto attraverso tre barriere: le tenebre, le nubi e la nebbia – perché sapeva che Dio è presente anche nelle profondità di tali tenebre. Anche in queste situazioni si può sperimentare la luce benedetta della divinità.

Quando si sperimentano momenti di oscurità è segno che la nostra missione, in quella situazione, è di servire Hashem Benedetto, fare il Suo volere specificamente nel mezzo delle tenebre; è solo da lì che possiamo compiere la nostra missione che ci viene richiesta in quel momento.

In ogni situazione in cui ci si trova, bisogna capir, che al fine di compiere la missione della nostra vita, ci viene richiesto di servire Hashem e avvicinarci a Lui proprio attraverso quella situazione difficile, sapendo che Dio è con noi quando ci dibattiamo nei nostri problemi.

Si può aggiungere che quando qualcuno è benedetto con una ricchezza abbondante, questo è un segno che la sua via per avvicinarsi al divino include la sua generosità e bontà, allo stesso modo il servizio del povero è quello di servire Hashem con la sua povertà, tramite l’accettazione con amore di questa condizione

Lo stesso concetto si applica ai propri tratti caratteriali. Alcuni sono stati benedetti con una natura raffinata, sono ben lontani dall’ira e non soffrono di gelosia, passioni smodate e arroganza. La missione di queste persone è di servire Hashem con le loro qualità rifinite.

Dal lato opposto ci sono individui completamente bloccati nelle loro qualità negative, pieni di desideri smodati che li schiacciano e dominano. Quando questo tipo di persone sperimenta un’illuminazione mentale, capisce che il suo scopo intero nella vita è di sforzarsi incessantemente per sradicare queste qualità negative.

Analogamente, alcuni hanno menti e cuori aperti alla Torah e al servizio di Hashem mentre altri sono completamente chiusi. Attraverso la sperimentazione della lucidità mentale, la consapevolezza portata da un’emuna (fede) aumentata, questi ultimi capiscono che la loro missione speciale è di sforzarsi nella loro acquisizione di emunà e fiducia in Dio, che ci aiuta costantemente, e che non c’è altro modo per compiere la nostra missione. Capirà che tutto gli è stato mandato per il suo bene.

Quando uno trasgredisce un comandamento o sperimenta una certa caduta spirituale, ha bisogno di capire che il suo compito, in tale momento, è di resistere alla tentazione di gettare la spugna. La sua missione, invece, è di tirarsi fuori dalla negatività in cui è caduto. Quello è il suo servizio specifico in quel momento.

Come diceva il grande cabalista italiano Rabbi Moshe Chaim Luzzatto (Ramchal 1700 – 1737) un periodo di siccità è sempre seguito da una pioggia abbondante di benedizioni. Analogamente, dopo un periodo di buio possiamo sperimentare un grande afflusso di benevolenza e compassione divina.

Il Baal Shem Tov ci ha insegnato che chi purifica la sua emuna (fede) al punto di lucidità completa, quando guarda attentamente il mondo vede il Creatore in ogni Sua creazione. I discepoli del Baal Shem tov hanno scritto a Suo nome:

Qualsiasi cosa che esiste nel mondo intero, contiene in sè la Luce dell’Uno Infinito Benedetto, che si nasconde al suo interno. Tutti i versetti, tra cui “En Od Milvado” (Non c’è nient’altro [oltre ad Hashem]) e “Io riempio il cielo e la terra”, vanno intesi letteralmente. Quello che tiene in vita ogni cosa che esiste nei mondi superni e nei mondi inferiori, è la forza, o energia luminosa, del Creatore Benedetto, “Perché Tu dai la vita a tutti loro”.

Ogni gesto, ogni espressione, ogni pensiero contiene l’energia divina, nascosta e contratta all’interno. Perciò, quando guardiamo quello che ci sta davanti, concentrandoci sulla loro vitalità ed essenza, vediamo solo la luce divina che gli da la vita, esistenza e sostentamento in ogni singolo istante.

Il versetto di Isaia 40 “Solleva gli occhi in alto e guarda chi ha creato questi”, riguarda proprio a questo concetto. Il profeta non si riferisce a uno sguardo fisico, ma a un bisogno di percezione spirituale chiara, uno sguardo celeste, per così dire. Uno sguardo terreno per contrasto induce a ogni tipo di confusione. Quando ci raffiniamo spiritualmente e osserviamo le cose con uno sguardo spirituale, nulla c’impedisce di vedere il Creatore di tutto. “Tu sei la luce del mondo, gli occhi di ogni anima raffinata possono vederTi.”

Ottenere uno stato di chiarezza consapevole è anche essenziale per la preghiera. I saggi dicono in Talmud Berachot 28b: “Quando pregate, dovete sapere di fronte a Chi state, perché il fondamento della concentrazione (kavana) in preghiera è la consapevolezza di stare sempre, costantemente, di fronte ad Hashem.

Shiviti Hashem lenegdì tamid, Ho posto Hashem davanti a me sempre, questo versetto molto potente del salmo 16 può essere usato come un mantra per affinare la nostra percezione dell’Uno Onnipotente che è dentro di noi, intorno a noi, sopra e sotto di noi.

Possiamo percepirlo in uno stato d’illuminazione mentale, aumentando costantemente la nostra consapevolezza, perché quando siamo attenti e consapevoli spiritualmente possiamo vincere il nostro avversario interiore, che ci mette costantemente alla prova, il nostro ego negativo.

La preghiera richiede anche uno stato della mente lucido riguardo alla grandezza del Creatore – la vastità dell’universo non può contenerLo – e il sapere incrollabile che si deve pregare solo Lui.

Essenzialente la preghiera è la ricerca della sensazione di vicinanza all’Uno Infinito Benedetto. Il salmo 145 allude a questo: Hashem è vicino a tutti quelli che Lo cercano, coloro che desiderano esserGli attaccati, come dice il versetto dei salmi: “La mia anima è assettata di te, il mio corpo si strugge per te.”

Questa chiarezza illuminata è ciò che da vita alla nostra preghiera. Anche nei momenti di oscurità bisogna sapere che stiamo di fronte all’Onnipotente e che Lui ci ascolta attentamente. Riguardo a questo il salmista ha scritto (salmo 102): “Si è rivolto alla preghiera del povero e non ha disdegnato la loro implorazione. Che questo sia scritto per l’ultima generazione..”

I nostri saggi ci hanno insegnato che prima della sua morte Mosè nostro maestro chiese al Santo: “Signore dell’universo, Ti chiedo solo questo: fai che tutte le porte del cielo e della terra si spalanchino così che vedano che non c’è nessuno all’infuori di Te” (Deuteronomio Rabbah 11).

Quando uno è illuminato con la coscienza divina genuina gli occhi gli si aprono: a questo si riferisce il versetto: “Tu hai ottenuto la coscienza illuminata che Hashem è Dio, non c’è nessun altro all’infuori di Lui” (Deuteronomio 4,35).

Questo individuo vede la gloria, la luce di Hashem che riempie i mondi e li circonda e si sente infuso con la luce dell’Infinito benedetto in tutti i suoi incontri terreni. E’ una sensazione bella e sublime e ci si sente malati d’amore per il Santo Benedetto. In questo stato, tutti i desideri, le passioni e i piacere terreni cadono nell’oblio, perché si può essere immersi in queste cose solo quando la luce della propria anima è impedita nel suo risplendere, a causa di uno stato di coscienza limitato e ristretto.

Quando si sperimenta la luce spirituale, tutti i piaceri del mondo perdono di ogni significato. Riguardo a questo momento d’illuminazione Rabbi Moshe di Kobrin scrisse che un solo momento di coscienza illuminata vale più di tutta la ricchezza del mondo.

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Photo by Ravi Pinisetti on Unsplash

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